Scrivendo Amante marina, Passioni elementari, L’oubli de l’air (la dimenticanza dell’aria), pensavo di fare uno studio dei nostri rapporti con gli elementi: l’acqua, la terra, il fuoco, l’aria. Volevo ritornare a questa materia naturale che costituisce il nostro corpo, il suolo della nostra vita, del nostro ambiente, la carne delle nostre passioni. Obbedivo a un’intuizione. Profonda. Necessaria. Oscura anche se in essa hanno parte altri pensieri.

Da qui, da questo testo comparso nel 1986 nel libro Melusina – Mito e leggenda di una donna serpente – Luce Irigaray squarcia il velo dell’orizzonte simbolico e apre una stagione di ricerca sul “divino femminile” che va avanti da decenni.

Luce Irigaray, filosofa alla Sorbona di Parigi, psicoanalista di punta della scuola francese, direttrice di ricerca al CNRS di Parigi, irrompe sulla scena della cultura mondiale con testi che inaugurano un pensiero differente, il pensiero della Differenza e, con questo intervento fatto al convegno organizzato in Italia dalle donne di Mestre, apre il discorso sul Mistero del Corpo Femminile.

Seguiamola passo dopo passo.

Ma leggendo Melusina, rileggendo La sirenetta e altre fiabe, scopro alcune cause della forza che mi ha portato a meditare sulla nostra relazione con il mare, l’aria, la terra, il fuoco. Comprendo che questo rapporto, non essendo stato decifrato, è rimasto favole e mostri (precisamente, nel senso etimologico del termine), rivelando e nascondendo qualcosa della nostra identità. Delle nostre difficoltà a situarci nei confronti di noi stesse, e tra noi. Qualcosa dei drammi e degli incantesimi che ci prendono, ci catturano, ci legano e ci separano. ………

Irigaray ci introduce subito in un ordine fiabesco popolato da figure con un corpo metà donna e metà pesce. Questa parzialità rivela e nasconde al tempo stesso il mistero del corpo femminile e del suo ordine di senso.

Melusina è una storia d’amore, nelle sue dimensioni private e pubbliche, un’epoca del nostro immaginario ancora e sempre attuale. Le passioni hanno a che fare con il fuoco e il ghiaccio, la luce e la notte, l’acqua e l’immersione, la terra e la scoperta o la perdita del suolo, la respirazione con ciò che ha di più profondo, di più segretamente vivo. Le nostre passioni conoscono e ci fanno conoscere la metamorfosi in fenomeni acquatici, celesti, solari o vulcanici, illuminati o notturni, palpitanti o assonnati…

In fondo si tratta di una storia d’amore, ma rivela la potenza trasformatrice che le passioni hanno sul corpo femminile e sul nostro dotarci di senso

Interrogando il mistero dell’immagine e di ciò che vi si nasconde, si tratta forse di interrogare gli stati di trasmutazione, di trasfigurazione, che vi si esprimono, che possono trovarvi figura senza esprimere la totalità di un segreto natale, nativo, …

Ma il segreto che nascondono simili incarnazioni parziali, mostruosamente composite, della donna, e dell’uomo d’altronde. Tappe di un divenire che non bisognerebbe vedere, non svelare né nella sua nudità fisica per la sposa né nella sua stirpe per l’uomo. Le cui nozze non avrebbero mai un totale compimento.

Parte del pensiero irigariano è rivolto al senso dell’essere donna e le domande che sorgono dalla visione di immagini straordinarie come quella di una donna sirena ci mettono di fronte ad un mistero che non chiede di essere svelato ma di essere contemplato nella sua incompiutezza.

Questi matrimoni obbligatori per salvare l’uno o l’altra, l’uno e l’altra, nel destino del corpo o in quello genealogico, nella forma vivente o nel nome, questi matrimoni restano sempre condizionali. Assolvono un compito simbolico e sociale, non c’è dubbio. Procreano figli, costruiscono castelli, coltivano la terra, edificano città. Tuttavia l’amore vi resta infelice. Né carne, né spirito, né corpo, né nome (nomi) vi si alleano, né si rigenerano o generano, né si espandono. Melusina e i miti appartenenti allo stesso filone (in particolare quelli del Cavaliere del cigno) ci raccontano, in maniera velata, questa peripezia del corpo femminile, e di quella simbolica dell’uomo, ancora separati nel loro compimento delle nozze.

La storia di Melusina è una storia che racconta la nascita di un regno d’amore ma dice anche della difficoltà a coniugare il mistero del corpo femminile con il simbolico maschile.

Melusina è proprio una storia di rapporto con la madre, e con la madre natura, con il suo inserimento sociale. Questo mito (come quello della Sirenetta) raffigura un passaggio tra vita intrauterina e vita aerea. Vita posta, ancora una volta, in ambigue relazioni con una società di coppie procreatrici, indubbiamente, ma difficilmente amorose. Forse perché noi siamo ancora mezzo-pesci, mezzo-uccelli. Non ancora donne. Nate donne (né uomini, d’altronde). Non ancora umane e divine. Che fa tutt’uno. E che fa sì, inoltre, che non ci siano o siano pochissime le coppie feconde altro che in senso strettamente carnale. Di qui i dilemmi su ciò che è in gioco nella maternità, nella paternità, ancora e sempre paralizzate in doveri che non sono l’essenziale del nostro destino: generare il divino in noi e tra noi.

Melusina ascolta sua madre e nasconde il mistero del suo corpo …..

…. ma periodicamente s’immerge nelle sua natura madre per tornare ad essere sirena.

E’ questa alternanza fra non essere ed Essere ad informarci della nostra difficoltà a divenire pienamente umane e divine.