il Mistero del Corpo Femminile

CAPITOLO PRIMO

Una donna in crisi

Era distesa su quel letto da ore, forse dalla mattina, non sapeva più da quando, aveva perso la cognizione del tempo immersa com’era nella più totale oscurità, le tapparelle abbassate, le tende chiuse, preda solo dei suoi pensieri. Era nel pieno di una crisi profonda e cercava da ore la via di uscita senza trovarla.

Abitava in quella nuova casa da poco tempo, era già nato il primo figlio quando aveva deciso di voltare pagina e cambiare vita. Lasciare la casa d’origine era stato per lei un momento di disorientamento profondo, la vecchia vita era finita e l’aspettava una vita ignota, anche se densa di promesse, ma la sera prima delle nozze aveva preso atto del fatto che non sarebbe mai stata l’unica donna della coppia ed era salita all’altare con la morte nel cuore: l’incantesimo d’amore si era rotto lì, a due passi dall’altare.

Non aveva più aperto l’album delle nozze e mai nessuno le aveva chiesto di farlo, come se un tacito accordo stendesse un velo pietoso sugli inizi di una vita che non sarebbe mai diventata una vita vera. Si ripeteva spesso in cuor suo di aver sposato l’uomo che voleva sua madre anche se ad unirla a lui era stato un amore autentico. Negli anni di università gli aveva scritto, città per città, un numero infinito di lettere, senza aspettarsi mai la risposta e non capiva perché continuava a tenere quel soliloquio senza senso. Un giorno aveva ritrovato in un cassetto le sue lettere bene impacchettate da un nastrino colorato e le aveva gettate via: facevano parte di una vita ormai finita.

Sentiva ora, a distanza di pochi anni, di essere arrivata al limite delle sue forze e voleva trovare una soluzione. Si girava e rigirava nel letto in preda a una grande inquietudine alla ricerca delle ragioni di una vita andata a male. Dove aveva sbagliato? Quali errori aveva commesso e come poteva correggerli? Aveva fatto di tutto per diventare come la volevano. La maternità non era la sua vocazione, si era sposata per amore e di amore avrebbe voluto vivere finché c’era. Ma la tradizione chiedeva a una sposa di diventare madre e lei scelse di diventarlo subito per non pensarci più. Madre non lo divenne mai, malgrado la nascita di due figli, come non divenne mai sposa malgrado le nozze. Aveva fatto di tutto per diventare cinica e scaltra come la volevano, ma la vita che le abitava dentro non coincideva con la vita che viveva fuori. Lei non c’era nella vita apparente, semplicemente non era lì dove era prevista. La partita si giocava sempre fra quanto poter essere e quanto dover essere. 

E lei sentiva sempre di essere niente.

Non parlava mai di sé con nessuno perché non aveva mai niente da dire e temeva di tediare con le banalità della vita quotidiana. Viveva con il suo vuoto al riparo del pieno dell’altro e tanto le bastava, tanto da acconsentire su ogni fronte, in silenzio. Il silenzio era la sua mediazione vincente. Faceva passare tutto sotto silenzio, non contestava né avanzava pretese, stava semplicemente a ciò che era, nel bene e nel male. Questa docilità non coincideva con la sua natura perché all’origine era una ribelle, ma al primo contrasto d’amore era stata zittita e da allora si era chiusa nel silenzio. No, non per amore, per paura. Aveva terrore dell’altro, non aveva niente della mansuetudine di suo padre, un uomo che a sua volta aveva scelto di subire i contrasti arretrando.

Suo padre era un grande per lei e da lui dipendeva la sicurezza in sé di cui godeva, era ancora una bambina quando le chiese: cosa ne pensi? mentre piantato al centro della casa si chiedeva cosa farne. Quel ricordo era uno dei pochissimi ricordi che si erano fissati nella sua memoria e da lì faceva partire la sua fiducia in se stessa, anzi ne aveva fatto tesoro da insegnante e spesso suggeriva ai padri di incoraggiare il sentimento di autostima delle figlie, perché continuava a vederne la preziosità. Si, per il resto non aveva ricordi, era come se la rimozione le resettasse passo dopo passo la memoria inutile. Ne conservava solo un altro, sempre un ricordo da bambina, questa volta ricordava di trovarsi nel cortile di casa dove scendeva a giocare, quando improvvisamente un pensiero l’aveva colpita, anzi, più che un pensiero era una domanda: perché non vedono che sono grande? Quella domanda le rimaneva ancora viva tanto da farne una pista di ricerca sulla figura della Figlia.

Non credeva in Dio, era l’amore il suo dio e lo cercava fin da bambina per le strade, tra la gente, sui volti delle persone, nei loro modi di fare, ovunque cercava le prove della sua esistenza. Crescendo si era convinta di essere solo una ingenua e aveva cominciato a non farsi più domande, a non pensarci più, fino a convincersi di essere sbagliata. Non amava le ingiustizie, amava la verità, anzi essere vera e trasparente divenne col tempo la sua regola di vita. La ricerca della verità l’aveva iniziata con suo padre, era lui che ogni giorno, quando si sedevano a tavola e la madre cominciava a tirar fuori le ultime notizie, trasformava i pettegolezzi in ricerca, ricerca delle ragioni che potevano spiegare i comportamenti umani su cui la madre invece sentenziava con i suoi giudizi. Erano completamente diversi tra loro. Lui veniva da una famiglia di mugnai e si era fatto da solo con i suoi studi, lei veniva da una famiglia di agricoltori e raccontava sempre dell’aggrascia che viveva in campagna e nella casa su in paese, un’abbondanza che voleva continuare a vivere anche da sposata. Naturalmente il diverso rapporto che avevano col danaro era l’oggetto dei contrasti quotidiani che rendevano irrespirabile il clima familiare e lei sentiva che ciò che la legava di più nella relazione d’amore era l’assenza assoluta di scontri di natura economica. Era un gran signore l’uomo che amava e di fatto con il suo stile aveva arginato anche la sua tendenza allo scontro. Ma in cambio sempre di più regnava il silenzio nella loro relazione. Il silenzio era diventato la mediazione migliore, anzi, l’unica possibile, tante erano le differenze fra loro.

Raccontava a volte che al primo incontro, seduti di fronte nel treno che li portava al liceo, si era trovata all’improvviso a incrociare i suoi occhi e a tuffarvisi dentro. Era così che era entrata in contatto con lui e ne aveva colto l’essenza, tanto da rimanerne rapita per la promessa che conteneva di una bellezza tutta da scoprire. A suo figlio, alla ricerca della donna della sua vita, gli aveva augurato di entrare nello stesso tipo di contatto, misterico. E’ il contatto più sacro che niente può più sciogliere, lo sapeva per esperienza. Aveva passato molta parte della sua vita nella speranza di riuscire a spezzarlo e dopo venti anni di tentativi costati lacrime e sangue si era arresa alla sua indissolubilità. La forza del vincolo sacro era maggiore di quella della sua volontà. Dopo due anni di matrimonio aveva preso atto del fatto che dentro di lei era finito e si era girata dall’altra parte. Un nuovo amore, nelle vesti di un fanciullo ancora vergine, le aveva spalancato le porte su un’altra vita, quella del corpo femminile. Non sapeva che la vita che aveva costruito da sposa e madre l’aveva costruita in assenza del suo corpo. Solo vivendolo lo andava scoprendo e scopriva il senso più profondo della sua verginità.
Ma in quel momento, in quella lunga notte lei ignorava ancora la sua vita futura, era alle prese con una vita ormai insopportabile da vivere e continuava a farsi i conti. Aveva tentato in ogni modo di acquisire la malizia che le mancava, di diventare come la volevano, ma ogni sforzo era fallito e non trovava altre vie di uscita. Come stare a una realtà in cui amore e libertà non riuscivano a convivere? Come stare in una vita basata sul dover essere in cui anche i rituali del piacere nascevano dall’intuire cosa piacesse all’altro? Come fingere di vivere se quella vita la stava uccidendo dentro? Come uscire da quell’inferno? Erano ore che continuava a chiedersi cosa fare senza cedere al sonno. Era stanca e stremata ma vigile e presente, sapeva solo che voleva mettere fine a quell’inferno. E all’improvviso tutto si capovolse.

Era arrivata alla verità ultima, quella estrema, quella che non lascia scampo e ti può uccidere se la guardi in faccia e lei era lì a contemplarla in tutto il suo orrore. Il suo sguardo non era più ripiegato a cercare dentro di sé le ragioni del fallimento di una vita intera, si era elevato e fissava immobile la realtà: non c’era posto per lei in questo mondo e non sarebbe mai stata amata per quella che era. Era questa la realtà e lei la fissava immobile senza abbassare lo sguardo.
Era la morte per lei.

Qualcosa di inedito, di imprevisto, di inaudito la colpì mortalmente. Non ci aveva mai pensato, non avrebbe mai potuto concepire una realtà del genere, romantica com’era, non era previsto nel sogno d’amore. Aveva fatto di tutto per diventare come la volevano, nascondendo perfino la sua natura ribelle dietro un’apparente docilità o la sua vita di sognatrice dietro un apparente realismo. Non c’era più nulla da fare, niente più dipendeva da lei. Fu questo il suo ultimo pensiero.
Strappò dalle viscere la madre, l’uomo che amava come un dio, della cultura fece un falò e si abbandonò con sollievo all’arrivo della morte.

Prima Vita

La bella addormentata
la narcosi del Neutro

Quando nasce una bambina è già principessa.

E’ così che la sogna chi la genera e a questo fine verrà educata nel crescere.
Le verrà insegnato ad essere docile ai comandi, ubbidiente e gentile nei modi, paziente e accondiscendente. Ogni forma di libera espressione verrà censurata come cattiveria e lei si consegnerà inerme al dettato della volontà materna e paterna.
Se accetterà di diventare una brava bambina il suo corpo non potrà manifestarsi nella sua integrità e perderà la sua verginità.
Se una bambina rinuncia alla propria scintilla divina smette di guardare con i propri occhi, di camminare con le proprie gambe, di ragionare con la propria testa. Si abituerà ad essere etero diretta come un automa fino a perdere il contatto con la sua potenza originaria, naturale. Entrerà nel buco nero del non essere in cui muore ogni percezione di sé.
Morire a sé per aderire ad altro da sé le diventerà naturale e la consegnerà docile al destino culturale femminile. Perderà nel tempo anche le ali e smetterà di volare nel proprio cielo, di nuotare nella propria acqua, di respirare la propria aria e pian piano si spegnerà il fuoco divino che arde nel Corpo Femminile e si addormenterà nel non essere.

Ecco – ho cessato di appartenere a Loro.
Il nome che mi diedero con l’acqua
Sul viso, nella chiesa di campagna,
non serve adoperarlo, è da riporre
insieme con le Bambole e l’infanzia,
e il filo della spola. Ho ormai finito
di filare – davvero –
Dapprima battezzata senza scelta,
ora coscientemente, nella Grazia,
con il nome supremo –
chiamata alla mia vocazione di Interezza –
ora è calata ormai la Mezzaluna –
si è chiuso l’Arco intero della vita
con un minuscolo Diadema.
E’ il mio secondo stato – un alto Rango
Poiché́ il primo non lo era a sufficienza –
Incoronata- piangente- sul petto di mio padre –
una Regina mezza tramortita –
Ma questa volta all’altezza dell’evento – Eretta –
in piedi, con la Volontà̀
di rifiutare, o scegliere,
scelgo semplicemente una Corona.
Emily Dickinson 1862
(Traduzione di Bianca Tarozzi)

Siamo nate donne …. dobbiamo diventarlo

Luce Irigaray

ATTO PRIMO
Rompere l’incantesimo

un travaglio invisibile

Siamo di fronte ad una donna in crisi.

Pare una comune crisi sentimentale e certo parte da lì, ma c’è qualcosa di più profondo che rende inquieta la sua lunga notte. Al centro della crisi non è tanto l’essere o non essere amata perché l’incantesimo d’amore si è già rotto.

Centrale invece è la questione dell’essere, anzi del non essere, come lei stessa dice.

Questa crisi investe il piano ontologico, là dove si svolge un vero e proprio travaglio dell’essere.

Quando la ricerca della verità diventa così estrema da condurre ai confini della realtà non basta più la forza della ragione ed entra in scena il corpo con le sue potenze innate.

E’ il corpo a fare del silenzio, del buio e del sopore le condizioni necessarie ad abbassare le resistenze mentali che impediscono di arrivare al limite estremo del conoscibile, là dove regna solo ciò che è. Questo penoso travaglio porta alla rottura dell’incantesimo e conduce nella vita reale.

E’ il risveglio della bella addormentata.

alla ricerca di senso

Perché tanta parte del pensiero femminile si spende nella ricerca della verità?

Perché Barbablù uccide tutte le mogli che tentano di aprire la porta della stanza dei misteri? Quale è il significato nascosto di questa fiaba?

L’esperienza dice che le donne che si avventurano nella ricerca della verità femminile rischiano di scoprire l’irrealtà su cui si sono edificate e di morirci dentro.

Cercare la verità femminile significa per una donna accedere al Reale.

Una donna che va in crisi questo non lo sa. Pensa solo di essere causa dei propri mali, di non aver fatto abbastanza per stare al mondo e attribuisce a sé l’insignificanza a cui il Neutro destina la Differenza Femminile.

Una donna non può sapere che sulle sue spalle grava la croce di una Umanità che ha perso il contatto con i comandamenti della Vita e con la sacralità del Corpo Femminile.

Il risveglio della bella addormentata è il risveglio del Corpo Femminile e della sua naturale forma di conoscenza. E’ alla Luce del suo Sguardo che una donna accede al Reale.

Fingere di essere cieche sorde e mute per sopravvivere nel Neutro rende penosa la vita femminile perché la obbliga a oscillare tra sogno e realtà.

La scelta più comune è quella di narcotizzarsi di sogni e fantasie, ma in alcuni casi, quando la spinta vitale è più forte, l’incantesimo del Neutro si spezza.

La rottura dell’incantesimo segna la fine del travaglio della vita femminile nel Neutro.

….. la vera rivoluzione avviene dentro
….. e ti rivolta come un guanto

Una crisi di sistema

La crisi di una donna non è una semplice crisi personale. Nasce da un abisso profondo fra la vita che la abita dentro e quella che vive fuori. La vita quotidiana non lascia spazio al divenire donna sia quando è figlia e sta ai voleri dei genitori e sia quando è sposa e madre e sta alle necessità delle sue funzioni.

Una piccola donna che cresce affonda il disagio del vivere nella pratica degli studi e quando diverrà sposa e madre starà ai suoi obblighi a dispetto delle sue istanze più profonde. Spesso una donna si trova a nascere mentre le nascono i figli e dovrà imparare a destreggiarsi fra il tempo per sé e il tempo per loro. Nessuna pedagogia insegna a far nascere una donna (così come non insegna a far nascere un uomo). Il divenire umano rimane ancora un evento misterico.

Divenire donna è dunque l’impensato, l’inaudito, l’imprevisto di una cultura che neutralizza la Differenza Femminile ed educa una donna a sentirsi persona, una maschera del Neutro.

Una donna non può divenire donna non solo perché non è accompagnata culturalmente in questo passaggio, ma soprattutto perché neanche sa di essere differente. Tutto ciò che impara nel corso degli studi vale anche per lei, pur essendo centrato sul maschile, vedi la letteratura, la storia, la filosofia, l’arte, la musica, i saperi umanistici in genere. Le donne che invece conservano intatto il contatto misterico con la propria radice innata sono portate a nasconderla per non apparire devianti.

A causa di questa matrice culturale una donna che va in crisi crolla su stessa con tutto l’edificio simbolico su cui si è edificata. Sono le fondamenta simboliche a non reggere più il peso della Irrealtà che separa il suo essere dal suo esistere.

La crisi di una donna è dunque una crisi di sistema.

la perdita del sacro

Una donna che va in crisi entra in un travaglio profondo anche se parte dai comuni disagi del vivere perché è il suo ordine di senso a non trovare posto nel simbolico del Neutro.

Nella vita di una donna l’amore non è solo una pratica affettiva ma un ordine logico e simbolico che governa ogni atto della sua esistenza. Della sua logica d’amore non c’è traccia in un ordine di senso che destina l’Amore solo all’ambito religioso e alle sue liturgie del sacro, rivolte esclusivamente alla contemplazione della passione e morte del Corpo Maschile.

La sacralità del Corpo Femminile non trova contemplazione alcuna né nella vita religiosa né nella vita laica, perché la civiltà moderna ha smarrito il senso del divino femminile.

La perdita del sacro femminile è una perdita secca per l’Umanità tutta ma in particolare per le donne che vengono private del loro divenire superiore.

In questo vuoto di senso come può una donna trovare risposte alla sua sofferenza che non siano prettamente di natura psicologica? Come può accedere al significato divino dell’esistenza femminile se mancano all’appello i suoi simboli? Che ci sia tra le donne una grande domanda di sacro è testimoniato dalla enorme affluenza femminile ai riti religiosi. Ma anche lì una donna non trova riflessa la sua passione e morte né la raffigurazione del Corpo Sacro Femminile e quando arriva ai limiti dell’insondabile rimane a vagare nel vuoto fino a perdersi nel buco nero del disordine simbolico.

un conflitto indicibile

La passione e morte femminile è dunque l’impensato.

Una donna comune non sa che ogni Si che pronuncia per stare a questo mondo è una cessione di sostanza ontologica e simbolica che la depaupera di sé.

In realtà si tratta di un lento processo di annientamento che l’immaginario femminile vive come perdita delle ali, delle gambe, delle mani, della testa …. o persino della bambina, mutilazioni progressive delle potenze originarie e divine del corpo femminile che solo le fiabe raccontano.

In un ordine di vita che depaupera la donna delle sue competenze innate diventa naturale vivere di sogni, illusioni, aspettative perché è l‘unico modo per drogare la realtà e renderla sopportabile. I rifugi mentali possono essere infiniti, compreso quello del conflitto permanente, ma agiscono comunque come una droga che intossica la vita di una donna e che, come ogni droga, dona solo una pace momentanea che per essere duratura chiede continue neutralizzazioni di senso.

Vivere nel Neutro, neutralizzata dal linguaggio prima ancora che dal suo ordine logico e simbolico, è una pena profonda, indicibile.

Una donna che va in crisi, senza saperlo e senza volerlo, sta muovendo guerra al Neutro.

Il terremoto

Una donna in travaglio ontologico è la più sola delle donne.

Nessun sapere insegna ad una donna a navigare nella sua crisi. L’odissea femminile non è materia di studio e una donna finisce col girare a vuoto in fino a collassare su stessa con l’intero simbolico su cui si è edificata.

Come per i terremoti, nessun segno premonitore prepara all’evento, niente che le dica che il limite di resistenza è stato raggiunto. Lei non può sapere che la sua inquietudine poggia sulle sabbie mobili dell’inesistenza e che la sua mente non ha la competenza necessaria a governare la potenza devastante di un terremoto strutturale.

Solo il corpo può arginarne la sua forza distruttrice e farne una potenza creatrice. Si serve del dormiveglia, del sopore del silenzio dell’oscurità, di uno stato alterato di coscienza per entrare in scena e operare a modo suo.

Quando il disordine è così vasto da opporre al Neutro la Differenza solo una madre divina come Madre Natura può intervenire servendosi della sapienza del Corpo Femminile.

Colei che E’

La realtà che abitiamo è manifestazione delle competenze maschili.

Il corpo maschile è adibito per sua natura alla difesa e alla offesa ed esercita questa sua competenza a vantaggio della specie umana.

Da questa competenza innata deriva l’immaginario, il simbolico e il senso stesso della realtà.

La logica dell’altro come nemico che dà forma alla realtà del Neutro opera in funzione della sopravvivenza che premia con la sua logica chi sa dare la morte in tutte le sue forme, materiali e spirituali.

Ciò che ne deriva è un ordine di senso che vede il reale alla luce del negativo e si regola con malizia e diffidenza.

Tutto questo risponde alle competenze innate del corpo maschile ma non a quelle del corpo femminile che è adibito per sua natura a dare la vita e vede il reale alla luce dell’Amore.

Le donne che si armano per stare alla logica del Neutro possono sicuramente guadagnare un “posto al sole” ma perdono anche l’occasione di patirlo fino in fondo fino a morirci dentro.

Le donne che invece rinunciano ad armarsi per rimanere fedeli a se stesse e alla propria logica d’amore risulteranno senz’altro più vulnerabili ma conserveranno intatta la loro integrità e potranno affrontare il travaglio che le porterà a divenire semplicemente Colei che E’.

L’integrità del corpo

La salvaguardia dell’Integrità del Corpo Femminile e della sua verginità ontologica e simbolica dipendono dalla resa totale al Neutro e dalla disobbedienza alle pretese della volontà egoica. Sembra un paradosso ma senza il travaglio della passione e morte femminile non c’è resurrezione delle potenze divine del corpo femminile e una donna non può accedere al livello superiore della sua vita: quello della Creatrice.

Arrenderci al non essere, portare la croce dell’inesistenza fino a morirci sopra è la via segreta che porta alla liberazione dei corpi, alla loro verginità feconda.

Della fecondità delle Vergini la Vita ha ormai urgente bisogno per rimettere in moto la sua gravidanza creatrice.

Da questo passaggio dipende l’accesso all’illuminazione divina, il salto quantico evolutivo della conoscenza da cui dipende l’evoluzione della specie umana.

Una luce duale

Stiamo vivendo un gap evolutivo dovuto ai limiti di una forma di conoscenza, fatta di astrattezza e razionalità scientifica, che pretende di piegare il Reale alla sua Ragione. La cultura finanziaria ha preso il posto dell’economia reale ed esistono uomini che si tengono in ombra e che con un clic distruggono popoli e paesi. Lo chiamano gioco e il nome la dice lunga su questo perenne giardino d’infanzia a cui è stata ridotta la civiltà umana.

Sono i limiti del Neutro, un sistema simbolico che ha preteso di svilupparsi a dispetto della sacralità dei corpi e delle loro competenze innate.

Il suo più grave peccato mortale è la neutralizzazione e la desacralizzazione del Corpo Femminile.

L’insufficienza simbolica della civiltà del Neutro impedisce alla Creatrice di venire al mondo e di Operare alla Luce della Differenza Femminile.

Questo è un vero peccato perché solo il suo avvento può consentire all’Umanità di godere di un ordine di vita superiore frutto della Creatrice e del Creatore. L’oscurità crescente che incombe sull’Umanità chiede a gran voce un’Opera generatrice Duale.

L’inizio del Mistero

Il mistero inizia nel momento in cui la mente perde la sua egemonia ed entra in scena il corpo.

E’ il corpo, l’innato, che spinge questa donna in ricerca di senso verso un livello di coscienza più profondo, quello della contemplazione della pura realtà.

Ci troviamo qui in un territorio dell’esperienza umana molto profondo, che solitamente viene attribuito all’esperienza mistica. Ci inoltreremo in questa nuova esperienza ed entreremo nel suo ordine di realtà.

Un atto misterico … Sgombrare il grembo

Prima di disporsi alla fine della vita questa donna compie un atto in sé misterico.

Strappa dalle sue viscere tutto ciò che la ingombra: la madre, l’uomo, la cultura.

Come può accadere una liberazione così radicale? Può mai la mente liberare una creatura di ciò che la occupa interamente? Potrebbe mai la buona volontà riuscire in un’impresa che è difficile anche solo concepire mentalmente? A chi mai verrebbe in mente che tutto ciò che è più caro al mondo occupa un posto che toglie la vita a una donna?

Come è possibile concepirlo? E come sarebbe possibile realizzarlo?

Non è nelle possibilità umane. Solo qualcosa di sovra-umano potrebbe compiere un’impresa così inaudita.

Spesso le fiabe, ma anche i miti, raccontano di strane creature metà umane e metà animali. La Sfinge degli Egizi, la Melusina dell’Occidente, l’Araba Fenice dell’Oriente e mille altre narrazioni che ci parlano dei poteri straordinari che fanno delle creature dei mostri viventi.

E’ come monstrum che si presenta il divino a livello naturale. E’ fonte di orrore, terrore, raccapriccio l’incontro con il divino che si manifesta nei corpi viventi. E’ così che appare la sua potenza sovra-umana ad una Umanità ancora bambina.

Per decifrare il Mistero bisogna che l’Umanità diventi adulta e si liberi della paura dell’ignoto.

E’ ciò che ci tocca fare per inoltrarci nel regno del Mistero Femminile perché ciò che qui accade è ancora avvolto nel mistero e chiede nuove categorie di senso.

Partiamo intanto dal fatto che non basta la forza di rimozione della mente per una liberazione così radicale e che sia il corpo a intervenire per resettare la memoria del suo hard disk e lasciare in bianco il foglio della vita.

Potrebbe corrispondere a una tipica operazione che compie l’utero femminile che ad ogni ciclo ripulisce la sua camera di gestazione da mucose e annessi del ciclo precedente per prepararsi a concepire una nuova vita.

Dicevamo in precedenza che l’esperienza di questa crisi va vista come un travaglio ontologico e, se travaglio è, bisognerà guardarlo alla luce della gravidanza femminile della vita.

Ovviamente siamo di fronte ad una rappresentazione figurata di un’esperienza misterica e la guardiamo alla luce mistica, servendoci di una differente epistemologia, quella della gravidanza creatrice.

Alla luce della gravidanza creatrice vediamo questo corpo espellere tutti i suoi simboli e feticci necessari alla vita del non essere, una placenta ormai inutile che ogni utero è obbligato ad espellere per prepararsi a un nuovo concepimento.

E’ la placenta del Neutro che sta venendo via insieme al non essere di questa donna.

Dalle parole della donna non sappiamo più niente del termine della vita, ma non ci è difficile pensare che si tratti di una morte mistica, ossia di un passaggio mistero che conduce a nuova vita perché di fatto il suo grembo si è preparato a una nuova gravidanza. Come Madre Natura comanda.

la Vergine Sacra

il Mistero del Corpo Femminile

CAPITOLO SECONDO

Venire al mondo

Era lì in piedi e si guardava intorno. Dov’era? si chiedeva costernata mentre si girava a guardare il posto in cui si trovava. Le pareva la luna con il suo cielo nero e la sua luce livida bianca accecante. Mancava il cielo azzurro con le nuvole e il tipico paesaggio terrestre con le sue forme e i suoi colori. Ma soprattutto mancava ogni riferimento umano: niente madre, niente uomo, niente simboli: non c’era niente che la potesse orientare. Non c’era traccia di vita alcuna. Fu colpita da un brivido improvviso: era al centro dell’Universo ed era sola al Mondo!!!!!

Come concepire una simile realtà? Come vivere una solitudine così devastante? Non ne aveva mai fatto esperienza, le era capitato spesso di sentirsi sola e ricordava il magone che l’afferrava alla gola, a volte aveva anche pensato di essere sola al mondo, ma ora che ne faceva esperienza capiva che era solo un modo di dire. Mentre viveva quella solitudine cosmica continuava a guardarsi intorno tremante di sgomento. Niente, non vedeva intorno a sé alcuna traccia di vita e continuava a esplorare lo spazio circostante impietosamente, come fosse una telecamera.

All’improvviso la vide, era lì sullo sfondo, era in piedi seminuda con una canotta sdrucita e senza espressione sul viso, pallida e immobile sullo sfondo buio della notte cosmica. La riconobbe all’istante, era la bambina che lei era, la bambina che aveva rinnegata e persa. Non sei morta? le chiese costernata. La pensava già morta e sepolta dopo il costante rinnegamento di sé. Nessuno ti ha voluta, continuò a dirle commossa mentre una morsa di dolore le stringeva il cuore. Io Sì. Io ti voglio. E l’attirò a sé esplodendo in un pianto dirotto. Era la prima vola che piangeva di sé e sentiva che stava piangendo tutto il dolore della sua vita. La strinse in un abbraccio senza fine e non si sentì più sola. Non era più sola al mondo, era con lei ed erano in due! Niente più le faceva paura e …si abbandonò al sonno.

Si svegliò la mattina di buon ora, si alzò, andò in bagno, si guardò nel grande specchio che riempiva la parete e si disse: Andiamo! Vediamo ora se il mondo piace a noi! Era lei ora ad agire il giudizio e parlava sovrappensiero a se stessa come non aveva mai fatto. Sentiva una forza nuova, una potenza straordinaria che le permetteva di sfidare il mondo. Era come se si fosse rivoltata su se stessa, proprio come fa una creatura che si prepara a uscire dal ventre materno e non guarda più alla oscurità interna ma si gira verso la luce. Attraversò il corridoio, aprì la porta di casa ed uscì fuori senza tornare più indietro. Ormai era venuta al Mondo: Vergine. La sua mutazione era totale.

Cominciò a contare la sua nuova vita a partire da lì e la misurava in giorni mesi e anni come quella dei suoi figli che vedeva crescere giorno dopo giorno. Agiva per loro e per se stessa lo stesso genere di materno, una potenza naturale priva di potere egoico. Li autorizzava ad essere come autorizzava se stessa ad essere anche quando si trattava di scegliere nuove vie o di fare scelte scabrose come quella dell’amore. Quando si trovava di fronte a un bivio rimaneva ad aspettare ciò che le diceva il Corpo. Prendeva una via o l’altra solo dietro la sua spinta. Il Corpo era per lei la massima autorità e dal corpo prendeva orientamento. Non regolava più la sua vita con la testa ma col Corpo. Del Corpo Femminile riconosceva la sacralità, le aveva salvato la vita e le aveva dato l’accesso all’Ordine Sacro della Vita Eterna e vivendolo andava scoprendo i meccanismi di vita, le leggi divine che la governano da sempre. Era a questo ordine divino che il suo corpo ubbidiva mentre lei guadagnava in libertà e autorità. Non doveva più assumersi il peso della responsabilità a cui condanna una scelta razionale. A condurla non era più la mente ma il Corpo che a volte viveva come Sorgente di libertà e a volte come Fonte di autorità.

Si percepiva costantemente come Madre e Figlia in sé. La Figlia era la bambina sacra, era lei la Sorgente a cui attingeva la sua ispirazione creatrice, come fa un albero con la sua radice. La Madre era invece la fonte di autorità, era lei ad autorizzare e custodire la sua verginità. Era l’una quando qualcosa iniziava a premere per rivelarsi e era l’altra quando si autorizzava ad essere. Era una esperienza inedita di cui vedeva giorno dopo giorno i frutti.

Era dunque la Figlia il tassello mancante al divenire donna? Era questo il mistero che il Corpo Femminile l’aveva aiutata a ritrovare? Per diventare donna era dunque necessario ritrovare la bambina sacra custode dell’origine divina? Era dunque la Dualità originaria Madre Figlia a far diventare donna una bambina che cresce? Era sempre questa Dualità divina a essere la fonte del proprio concepimento e della sua gravidanza creatrice? Scopriva infatti, col passare dei mesi e degli anni, che ciò che lei era mutava giorno dopo giorno.

Essere donna non era dunque un atto monistico ma frutto di una matrice trinitaria in cui la dualità veniva messa in dinamica dal motore divino, trascendente dell’Amore.

Era ormai evidente che il suo costante divenire nasceva dall’aver ritrovato la sua prima radice. Proprio come un albero che è cresciuto innestato sulla radice di un altro tronco e viene innestato sulla propria radice. E’ da lei, da questa radice sacra, che diventerà Ciò che E’, traducendo in fioritura la sua linfa creatrice.

Viveva ora una libertà inedita e più il Corpo la conduceva nella direzione giusta e più si affidava alla sua guida divina. Aveva una fede religiosa nella sapienza della Vita Eterna che si manifestava attraverso il Corpo e custodiva con sacralità la sua Verginità.

Non aveva più libri da consultare o saperi da interrogare perché la fonte primaria del Sapere era il Corpo, il suo Vangelo Non valevano più categorie come giusto o sbagliato, colpevole o innocente, bene e male perché ogni manifestazione del Corpo era necessaria al suo farsi Opera vivente.

Il suo divenire naturale era fonte d’attrazione. Era sempre passata inosservata e non capiva al momento le ragioni del cambiamento. Si sentiva sempre la stessa ma niente era più come prima. C’era un’aura magica che sembrava avvolgerla e irradiarsi intorno e lei e lei riconduceva tutto alla potenza divina del Corpo Femminile.

Imparò a fidarsi del suo sguardo e più procedeva illuminata dalla luce dell’Amore più le si rivelava il senso profondo del vivere. Vedeva ciò che non vedeva prima e cominciò ad annotarsi ogni rivelazione di senso. Esperienze di vita che prima leggeva secondo le logiche comuni prendevano ora nuovo senso e per significarlo cercava la parola più corrispondente e l’annotava. Vedeva finalmente accordarsi parola ed esperienza e le verità più profonde diventare dicibili.

la signoria femminile

Continuava ad appuntarsi su grossi quadernoni le parole in cui vedeva incarnarsi il senso della sua esperienza e la realtà cominciava a prendere un senso differente. Parola dopo parola andava costruendo una lingua propria capace di far luce anche ad altri . Ricordava il giorno in cui un tassista che la conduceva per le strade di Roma bloccò di colpo la macchina per girarsi a guardarla sbalordito: forse parlando aveva fatto luce sul reale e lui si era girato per vedere da dove venisse quella luce.

Procedeva così ormai la sua vita, più si illuminava di senso e più faceva luce per altri.

Dopo sette anni di gravidanza di sé e di gestazione simbolica si sentì pronta a offrire alle donne il frutto della sua esperienza rivelatrice.

Ma dove trovarle? Le donne non c’erano e bisognava generarle.

Serviva un luogo. Fu allora che incontrò l’Altra e con lei cominciò a concepirlo.

Curò la preparazione del luogo come fosse un tempio. Liberò le due stanze da una quantità sterminata di fogli ciclostilati, vecchi giornali e locandine, fece dipingere di bianco le pareti e le incoronò con una striscia gialla in cima.

Quando tutto fu pronto, il grande tavolo con le sedie intorno posto al centro della stanza che si affacciava sul Teatro, le piante sul balconcino e una grande veneziana verde per riparare dal sole, invitò le donne ad entrare.

Partiamo da una logica d’Amore, disse al primo incontro e da lì, da quell’inversione di senso, prese inizio la costruzione di un ordine di mondo differente.

Il Centro.

Su ispirazione del Corpo Femminile e nel rispetto dell’Ordine Sacro della Vita l’esperienza singolare si faceva ora esperienza plurale e diveniva Opera Rivelatrice.

La figura della Figlia impiegò circa dieci anni per venire alla luce.

E oltre quarant’anni l’Opera rivelatrice della Vergine.

Seconda Vita

la Vergine all’Opera

Una vita differente

La gravidanza della vita femminile nel Neutro è terminata e la donna si sgrava dei suoi ingombri.

Ci troviamo già a livello della vita innata dove tutto procede secondo natura e se una gravidanza è terminata è necessario che l’utero si sgravi per tornare ad essere vergine e fecondo.

All’Opera è dunque la Vergine, il Corpo Femminile.

La vita ora si svolge a livello ontologico e simbolico e tutto diventa rarefatto. Non vediamo più la donna ma guardiamo ciò che lei vede e seguiremo il suo Sguardo.

Ci troviamo nel pieno di un’esperienza mistica della vita femminile.

E’ un piano profondo dell’esperienza che da l’accesso all’ordine sacro della vita in cui regna sovrana con le sue leggi madre natura, la Madre Eterna inscritta nel Corpo Sacro Femminile.

Fra sogno e realtà

Dopo aver resettato la memoria di tutto ciò che è stato acquisito entriamo nella dimensione della vita innata.

Lei non sa di essere alla ricerca della sua origine e si guarda intorno spaesata. Ha tutte le ragioni per essere disorientata perché per lei l’origine è la propria madre, colei che l’ha messa al mondo, non la Madre Eterna, la madre divina che l’ha generata.

Fin dalla nascita ha trovato una madre e un padre a regolarla ed ha finito col perdere le sue potenze naturali per acquisire le capacità necessarie alla vita umana.

L’esperienza mistica è dunque la via maestra per riconnettersi alla potenza creatrice del Corpo Femminile che solo a queste condizioni diventa egemone nel guidare i processi naturali.

E’ il film in bianco e nero ad informarci che ci troviamo a livello ontologico, dove il paesaggio diventa lunare. Lei non sta sognando, è ancora vigile e sveglia, ma tutto le appare come un sogno, perché siamo nel pieno di un mistero. Ciò che accade è reale e procede secondo un ordine perfetto: l’Ordine Sacro della Vita Eterna.

Un ordine sacro di cui lei non ha esperienza.

Il Mistero della Singolarità

La prima esperienza che vive è quella della Singolarità.

Essere sola al mondo è un’esperienza inedita per Lei, impensabile per la sua mente, convinta com’era che, per l’eternità del vincolo d’amore, avrebbe sempre avuto qualcuno affianco e non sarebbe mai rimasta sola.

La solitudine di cui ci occupiamo in vita è quella del fuori, non abbiamo i mezzi per accedere alla solitudine che ci abita dentro, di lei viviamo solo il senso di vuoto.

La solitudine profonda è priva di senso e ci rimane oscura perché nessun sapere niente del Neutro ci aiuta ad apprezzarne la bellezza perché è la più naturale delle esperienze, quella che ci vede essere uniche e irripetibili e per questo inviolabili e sacre.

E’ alla Luce della Vita divina che questo Mistero si rivela, ma nessuna scienza e nessuna spiritualità ci prepara a vivere il Mistero della Singolarità.

Siamo tutti soli, diceva un cartellone che aveva al centro un grande sole. La Singolarità è ciò che ci rende speciali nella vita umana e sacre per la Madre Divina. E’ su questa Singolarità che la Vita scommette ogni volta per potenziare la sua gravidanza creatrice. Vita e Morte sono Beni che appartengono alla Madre Eterna.

Lo sguardo della vergine

Fare esperienza della singolarità è un’esperienza dis-umana ma anche sovra-umana perché ci dota di uno sguardo superiore, lo Sguardo della Vergine che ci consente di accedere all’invisibile.

E’ la disperazione che accompagna l’esperienza della singolarità ad affinare lo sguardo, a permettergli di vedere ciò che si nasconde alla vista comune. E’ lo Sguardo che la Vergine di Nazareth attiva tanto da permetterle di vedere l’Angelo della Vita, il messaggero divino del Corpo Femminile. Un Mistero ancora difficile da decifrare perché il Neutro nega le potenze sovra-umane del Corpo Femminile, potenze che solo la vision mistica rivela.

La potenza divina dello sguardo femminile era già contemplata nei culti delle civiltà preistoriche e anch’essa trovava la sua rappresentazione sacra attraverso la metafora del corpo animale.

E’ dunque l’animalità del corpo femminile che lei sta recuperando e che le consente di vedere ciò che rimane in ombra nella mente.

L’apparizione della Figlia

Lei ora guarda con occhi divini e può accedere all’invisibile.

Solo così può apparirle la bambina sacra, la custode della sua origine celeste, della sua essenza innata, la Figlia divina della Madre Eterna.

La vede e le parla con la stessa familiarità con cui Maria di Nazareth vede e parla all’Angelo.

Le potenze animali e divine del corpo femminile vengono risvegliate tutte.

Non solo lei ora vede, ma può anche sentire e parlare.

Quando il corpo femminile si risveglia tutte le sue potenze animali diventano potenze sovra-umane che consentono l’accesso alla vita superiore, ai Misteri della Vita Eterna.

L’apparizione della Figlia Sacra è uno dei suoi Misteri.

Il Mistero dell’Annunciazione nel Corpo Femminile annuncia l’avvento della Figlia divina.

L’Apparizione della Figlia è l’elemento misterico che chiede la massima contemplazione religiosa. Dalla sua apparizione dipende il recupero della Matrice Sacra Madre Figlia generatrice del Divenire Femminile.

La Figlia rappresenta la radice sacra dell’albero della vita femminile.

Senza radicamento in questa prima radice la vita femminile rimane innestata sul tronco della vita del Neutro.

La Vergine partenogenica

E’ questa dunque la Via che porta il Corpo Femminile, la Vergine, a farsi Opera, albero della vita e della conoscenza.

Solo ora che il corpo ha ripristinato la sua integrità recuperando la Matrice Sacra Madre Figlia è possibile per la Vergine l’immacolata concezione e la nascita divina.

L’autoconcepimento o immacolata concezione, è uno dei Misteri del Corpo Sacro Femminile e se lo contempliamo alla luce della gravidanza creatrice scopriamo che si tratta di una potenza animale del corpo femminile che, una volta risvegliata, consente a una donna di rigenerarsi e rigenerare il mondo, generando assieme vita e conoscenza.

La spiritualità ellenica era già in grado di accedere a questo mistero femminile e alla nascita divina di creature femmine o maschi dotate di potenze sovra-umane. Erano nascite divine dovute a Vergini Sacre per auto concepimento o attraverso hieros gamos, le nozze sacre con uomini vergini. La spiritualità occidentale è rimasta centrata sulla potenza creatrice della Vergine, ma l’ha contemplata solo per la nascita divina del Figlio di Dio, un’inversione simbolica necessaria evidentemente all’evoluzione del genere umano maschile ma mutilante per il genere umano femminile.

Todo cambia

Quando termina la lunga notte e la donna che si risveglia è già un’Altra.

E’ bastato ritrovare la sua origine celeste e la propria integrità per dare inizio a una nuova vita.

Il suo corpo si è resettato e ha ritrovato la potenza animale originaria.

La conseguenza immediata è il ribaltamento delle cose. La Realtà si è rovesciata ed ora non è più lei sotto giudizio ma il mondo reale.

La nascita del giudizio femminile è il primo frutto della sua partenogenesi.

Il secondo frutto della sua nascita divina è la forza di governo e orientamento che le consente di uscire per sempre dall’ordine di vita precedente per non rientrarci più.

La Signoria Femminile

E’ ora Signora della sua vita e si genera e rigenera incessantemente, giorno dopo giorno.

Il corpo è il suo Vangelo e da lì attinge ogni ispirazione e orientamento. Incomincia a rileggere il Reale alla luce della Differenza e a dargli nuovo senso. Sceglie tra le parole quelle che le parlano e incarnano l’esperienza femminile e e inizia a generare un differente ordine di senso, una lingua differente.

La Differenza offre nuova luce perché guarda il reale da una prospettiva differente, alla Luce dell’Amore.

Madame l’Amour ha dismesso gli abiti della miseria affettiva e si è ripresa la signoria che le deriva dal governare l’ordine della vita.

Madame L’Amour esercita ora la sua potenza illuminante per fare Ordine nel Reale e non c’è più giudizio esterno che possa violare la sua integrità.

La sua libertà è inviolabile quanto la sua sovranità.

La Creatrice è all’Opera a partire dal rifondare la logica e la matrice del mondo.

Mariagrazia Napolitano